Intervista allo chef Lorenzo Cuomo
di Annatina Franzese
Nato a Furore, un piccolo borgo della costiera amalfitana, il figlio d’arte Lorenzo Cuomo, si appassiona sin da piccolo all’arte della cucina. L’incontro con lo chef Fabio Tacchella poi, risulta fondamentale tra i passaggi della sua vita.
Vincitore dei due maggiori premi di “Artistica” (medaglia d’oro e oro assoluto), lo chef Cuomo, prosegue il suo percorso al Capri Palace restando per ben quattro anni accanto allo Chef pluristellato Oliver Glowig.
Di lì collaborazione con Il Ristorante Trussardi alla Scala, Il Luogo di Aimo e Nadia di Milano, La Siriola di San Cassiano e Palazzo Avino di Ravello sino al ritorno in patria.
Nella sua terra, Lorenzo torna per ricevere ufficialmente le chiavi della cucina del Ristorante Re Maurì ed in due anni arriva la prima Stella Michelin.
Cos’è per lei la cucina?
“Benchè fossi figlio d’arte sono approdato alla cucina per caso, affascinato dall’idea che potesse nascere “qualcosa di buono” mettendo insieme pochi ingredienti. Di lì è diventato un mestiere certo, ma sempre coadiuvato e sostenuto da un’inesauribile passione. E’ la misteriosa e magica forza che si cela dietro alla preparazione di un piatto e che aiuta a mescolare, creare fino a farlo assurgere a vera e propria opera d’arte ad aver alimentato questa passione. Ecco, la cucina per me rappresenta oggi un’arte, intesa piuttosto come la più alta espressione di se stessi. E’ attraverso la cucina che sento di esprimermi, libero da vincoli sociali che spesso imbrigliano lo sviluppo della mente.”
Re Maurì, come è stato tornare a casa?
“Tornare a casa ed essere insignito di un riconoscimento inopinato e tanto importante quale la stella Michelin è stato senza dubbio motivo di grande orgoglio. Ha fatto accrescere in me la soddisfazione che il tanto impegno profuso nella mia passione, il costante sacrificio lontano dalla mia terra siano valsi a rendere una gioia tanto grande.”
La cucina italiana è molto apprezzata. Attualmente la considera snaturata oppure ancora fortemente ancorata alla tradizione?
“La cucina italiana è senza dubbio tra le migliori e più apprezzate al mondo. Ciò che la rende unica è il profondo rispetto delle proprie origini e della propria tradizione pur avendo un occhio sempre proiettato verso il futuro. E’ una cucina in costante divenire, sarebbe altresì innaturale se non vivesse il cambiamento e il continuo evolversi dei tempi, della società, del pensiero di ogni singolo chef che attraverso essa si esprime al meglio.”
Lei, vanta importanti esperienze extraterritoriali. Cosa ha portato al di fuori della Campania e cosa invece ha riportato qui con se?
“Nei miei viaggi mi sono sempre fatto carico di grande umiltà, di profondo desiderio di imparare e accrescere le mie potenzialità. Ogni esperienza mi ha trasmesso qualcosa, ha contribuito ad arricchirmi professionalmente e personalmente. Mi sono impadronito della tecnica, della conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel pieno rispetto della sua natura. Ho invero imparato il rigore e l’assoluta dedizione al lavoro.”
Cosa la affascina di un piatto?
“Di un piatto resto ammaliato in prima istanza dal cromatismo, poi da quello che inconsapevolmente esso cela, da ciò che lo ha reso tale. Lo studio, la ricerca sapiente delle materie prime, l’uso appropriato della tecnica hanno fatto sì che alla forma di un piatto si desse soprattutto sostanza.”
Descriva in musica i suoi piatti.
“I miei piatti nascono sempre nell’assoluto silenzio, proprio perché verso di essi ci si accosta con profondo rispetto e umiltà. Mi piace però pensare che quando “escano” dalla cucina possano emozionare e suscitare nell’animo di chi sa accoglierli le più svariate sensazioni uditive.”
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